La libertà di essere sé stessi

 

di RENO BRANDONI

 

 

C’era una volta un chitarrista diversamente destro [mancino – ndr], io. 

Suonavo da ‘normale’ anche quando la mia diversità era in via di revisione, costringendomi ad abbandonare ogni possibile uso della mano sinistra a favore dell’avversaria. Il risultato? Nessuna delle due mani è stata mai utilizzata propriamente. Ancora oggi fatico e la mia calligrafia ne risente proponendo geroglifici incomprensibili. 

 

Cambiare ciò che la natura ha deciso è sempre un errore, genera confusione. Infatti, io sono confuso e guardo le cose in modo diverso, complicato, perché ciò che poteva essere semplice, come lanciare una palla da tennis con la mano sinistra, mi è stato reso difficile, costringendomi a faticose elaborazioni alternative. Il cervello deve imparare a ragionare ‘contro natura’, sfidando la normalità genetica a favore della consuetudine della comunità.

In questa scelta ero forzato dagli educatori, supportati dai genitori. Quando provo a lamentarmi, mi dicono che erano tempi diversi. Secondo me ora sono cambiati gli argomenti, ma i tempi sono rimasti gli stessi. 

 

Spesso nel mio cammino incontro persone che invece, volontariamente, si impongono di essere diverse, allontanandosi dalla loro personalità per indossare quella di qualcun altro. Il loro scopo è quello di sconfiggere l’insicurezza, la timidezza, l’insoddisfazione nel non aver raggiunto i propri obiettivi. Cercano di appropriarsi degli altrui successi e, quando ciò non è possibile, sono pronte ad avviare un’azione critica con l’intento di boicottare e deridere il lavoro di chi viene visto ingenuamente come avversario.

Ciò avviene in molti campi, ma invece di divagare preferisco analizzare il nostro: la musica.

 

Riconoscerete gli individui citati già dai loro profili social, pronti come sono a bacchettare chiunque, dal cantante di Sanremo al chitarrista che fa i fatti suoi sul proprio canale e non disturba nessuno, se non sé stesso. Lo fanno dall’alto della loro esperienza basata sul ‘nulla’, ma ritenuta sufficiente per giudicare e criticare. Inseguiti da inutili like si destreggiano nell’esercizio più consono alla loro indole, distruggere chiunque, per esaltare sé stessi.

Non so chi siano i peggiori: i seguaci o i fautori. Certo è che fa male leggere solo critiche e non vedere mai un plauso, un incoraggiamento, con argomenti riservati a chi condivide il loro cammino e asseconda la loro follia.

Questi ultimi anni sono stati ricchi di esperti improvvisati, saggi inventati, studiosi diversamente laureati, che consigliano e suggeriscono soluzioni e strategie senza alcuna competenza. Anche se ormai sembra che Internet abbia superato il prestigio della Bocconi, per cui ogni parere diventa prima opinione, poi sentenza. 

 

Sono amareggiato da questi atteggiamenti. Ho sempre inteso la musica come massimo strumento di condivisione, ascoltando, apprezzando o criticando chiunque abbia voglia di dire qualcosa. Utilizzando la vecchia massima ‘non parlare mai di chi non puoi parlare bene’, ho riservato le critiche al privato e i complimenti al pubblico. Mai con lo scopo di vietare o deridere, ma semplicemente di condividere idee e passione.

 

Mi augurerei che questo 2022, con così tanti due che sembrano quasi tre, ci riporti il buon senso, la libertà di essere noi stessi, insegnandoci a guardare nelle nostre tasche invece che in quelle degli altri. E che la bontà ci aiuti a sconfiggere l’invidia e la presunzione. 

Una stretta di mano e un sorriso possono regalare fiducia e sicurezza… E in questo momento ne abbiamo tanto bisogno.

Per essere veri maestri non bisogna soltanto insegnare, bisogna sopratutto essere disposti a imparare.

 

Buon fingerpicking!

 

Step into the wild

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